Spettabili destinatari,

che l’organizzazione del lavoro ed il numero dei componenti dell’equipaggio di un treno siano elementi che ricadono oramai nella completa discrezionalità delle Imprese Ferroviarie è stabilito dal  decreto  ANSF 4/2012 che incarica le stesse di garantire la sicurezza per la propria parte di sistema.

Tale scelta che, a nostro avviso, ha legittimato buona parte delle scelte societarie a discapito del bene pubblico ha, a nostro avviso, riportato il trasporto ferroviario ad un livello di sicurezza assai inferiore a quello che invece garantiva la vecchia Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, disattendendo le finalità indicate nel D.lgs 162/2007.

Difatti – e qui è il grande problema – anche la valutazione della congruità di tale organizzazione è un aspetto lasciato al giudizio delle stesse Imprese, una questione fondamentale per la tutela del pubblico su cui il controllato garantisce del proprio operato da sé. Legalmente.

Ciò che l’ANSF ha ottenuto in tal modo è infatti che le Imprese non possano mai essere contestate a causa di una cattiva organizzazione del servizio, essendo quest’ultimo normato dalle stesse, salvo il caso ricorressero incidenti in cui l’intervento della Procura della Repubblica individuasse reati riconducibili a gravi mancanze da parte delle stesse.

Ci chiediamo: ma se l’ANSF è stata nominata dal D.lgs 162/2007 proprio al fine di garantire l’emanazione della normativa nazionale di riferimento ed il relativo controllo del rispetto di essa da parte delle Imprese Ferroviarie, perché è stato poi permesso ad essa di delegare, per la produzione di norme di sicurezza, chi avrebbe avuto esclusivamente l’obbligo di ottemperare?

Di recente abbiamo appreso che il SIS 118 ha evidenziato la mancanza di defibrillatori a bordo dei treni, un fatto che rappresenta uno dei tanti problemi di sicurezza che le Imprese Ferroviarie sembrano non notare.

Eppure, la possibilità che un passeggero o un lavoratore a cui siano assegnati compiti di sicurezza a bordo (macchinista, capotreno, ecc.) possano essere colti da malore non è un caso imprevedibile o verso il quale l’attuale organizzazione del soccorso a bordo dei treni garantisca un intervento in quei pochi minuti che si hanno a disposizione per salvare una vita.

Cosa accadrebbe poi se a sentirsi male in piena linea fosse proprio il macchinista che, vogliamo ricordarlo, è da alcuni anni l’unica persona a bordo in grado di condurre il treno, la sola persona nelle cui mani viene principalmente così affidata la sicurezza di tutti i trasportati?

Sulla garanzia che ogni macchinista goda sempre di un’ottima condizione fisica durante il servizio non crediamo esista qualcuno che possa scommettere: i casi di macchinisti colti da malore non sono pochi sebbene fortunatamente avvenuti sempre in stazioni o in luoghi dove è stato comunque agevole intervenire.

Ma laddove esistono rischi importanti riguardo l’incolumità delle persone, come si fa ad affidare la vita di centinaia di persone trasportate alla fortuna? Il crollo del ponte Morandi a Genova ci ha ricordato che non ha senso aspettare un evento per decidere di eliminare o ridurre al minimo possibile un rischio che si conosce bene.

Abbiamo già in passato provveduto (lettera del 3 ottobre 2014), ad evidenziare tali criticità al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, Sig. Sergio Chiamparino, senza tuttavia ricevere alcuna risposta.

In tema di soccorso ci sarebbe molto da aggiungere: basti pensare alla mancanza, a bordo dei treni, di maschere indispensabili al personale di sicurezza per respirare in caso di incendio in galleria. Già dal 2001 le Imprese hanno iniziato ad occuparsi della possibilità di incendi in galleria e dei possibili scenari di intervento per la gestione delle emergenze ma, a quanto ne sappiamo, il personale sarebbe ancora oggi formato solo formalmente, senza alcuna simulazione di intervento in un tunnel e con una semplice disposizione scritta a cui attenersi!

Come potranno un capotreno o un macchinista pensare ad organizzare i soccorsi se, avvolti dal fumo, non vedono e non respirano?

Noi riteniamo che si debba abrogare il Decreto ANSF 4/2012 per tornare indietro dalla scelta sconsiderata di affidare alle stesse Imprese Ferroviarie il compito di emanare autonomamente delle norme per il proprio personale di sicurezza.

Tali norme debbono discendere da un’autorità nazionale che, al fine di evitare scelte legate al profitto, dovrebbe anche stabilire numericamente quanto personale di sicurezza occorra per garantire il più possibile l’incolumità di tutti, in funzione del numero dei vagoni, dei viaggiatori trasportati e degli stessi lavoratori, nonché quali e quante attrezzature di sicurezza non debbano mai mancare nelle stazioni come a bordo dei treni.

Rimaniamo in attesa di un cortese cenno di risposta alla presente, dichiarandoci disponibili fin d’ora ad incontri finalizzati alla soluzione dei suddetti problemi.

Allegati: lettera dell’Ottobre 2014, clicca qui.