Preambolo
L’attuale sistema gestionale del sistema ferroviario regionale addossa alle Regioni una grande responsabilità e la necessità di prendere decisioni che spesso esulano dai confini del loro elettorato: a causa della configurazione della rete italiana e degli stessi flussi di viaggiatori è impossibile disegnare confini di competenza gestionale della rete che coincidano con quelli degli enti territoriali.
Non tutti i dirigenti politici e tecnici delle regioni italiane, però, paiono rendersi conto della responsabilità che hanno e prendono decisioni affrettate o semplicemente superficiali e in taluni casi non ne prendono.
Ci sono decisioni che necessitano di importanti valutazioni per essere prese e ci sono decisioni che vanno prese e basta perché non prenderle significa cagionare elevati costi-opportunità e veri e propri danni che non si limitano all’ambito locale, ma indeboliscono tutto il sistema Paese.
Su Appunti Alessandrini (www.appuntialessandrini.wordpress.com) ho scritto un ciclo di quattro puntate chiamato “Politica e Trasporti nel frutteto”: questo titolo bizzarro deriva dalla similitudine fra le iniziative urgenti che, secondo me, deve intraprendere la Regione Piemonte e la frutta matura pronta per essere colta in un frutteto; se le iniziative non verranno intraprese si cagionerà un danno composto da perdita di ricchezza del territorio, costo-opportunità e il costo del tempo e del ripristino della situazione ottimale, esattamente come non cogliere frutti maturi da un albero perdendoli e dovendo pagare per smaltirli e ricoltivarli attendendo nuovamente la maturazione.
L’ambito di questa disamina che riprende e integra i contenuti di quel ciclo di articoli è il Piemonte non metropolitano, ovvero le quattro macro-aree che non dipendono dalla città metropolitana di Torino: Cuneo, Asti, Alessandria e Vercelli-Novara.
Sezione I – Cuneo
Il primo frutteto è quello esteso della provincia di Cuneo per descrivere il quale si può partire dall’ultima significativa “novità” dell’orario ferroviario estivo 2018, ovvero l’aumento (modesto) dell’offerta Torino – Savona,
La linea ferroviaria Torino – Savona riveste un ruolo apicale nella mobilità e nella logistica del Piemonte orientale e sarebbe opportuno verificare la possibilità di un reintegro nel novero della rete fondamentale da dove è stata discutibilmente tolta con la nuova classificazione di RFI a seguito della riforma del titolo V della Costituzione che ha attribuito alle regioni la gestione totale del servizio ferroviario non a mercato e non a lunga percorrenza nel 2001.
Riportare la relazione ponentina nella rete fondamentale consentirebbe maggiori e più veloci investimenti sulla capacità della linea e si riuscirebbe a riottenere che venga percorsa anche da treni di categoria superiore che alleggeriscano i regionali del carico aumentando e diversificando l’offerta di servizio.
Va segnalato che la linea nel suo tratto più acclive fra San Giuseppe di Cairo e Savona è già dotata di predisposizione al raddoppio.
Le iniziative che possono essere da subito per risolvere il problema del sovraffollamento e ottimizzare le risorse aumentando l’efficacia è un infittimento del cadenzamento inserendo treni cadenzati con un numero di fermate limitato ai nodi e treni cadenzati con le fermate attuali degli RV.
Recentemente a Cuneo è stato varato un buon piano di trasporto pubblico, perseguendo l’obiettivo dell’efficacia sul territorio si è anche dato vita ad un sistema efficiente dal punto di vista industriale; gli autori del progetto sono la Regione Piemonte, la Provincia di Cuneo e ovviamente l’Agenzia per la Mobilità Piemontese e mi spingerei a definire ottimo il progetto se non fosse che ignora l’esistenza di ferrovie efficienti che insistono su quel territorio e che sono indispensabili per la sua vivibilità, il suo sviluppo sostenibile e la sua accessibilità.
Questo aspetto rende il varo del nuovo piano trasporti dell’area cuneese, tecnicamente molto valido, come un frutteto colto solo a metà. Era sicuramente il momento per inserire gli assi ferroviari Cuneo – Mondovì e Cuneo – Saluzzo in quel piano con una gestione efficace ed efficiente ferro-gomma, era il momento di attuare a livello locale quella cura del ferro di cui in molti si dichiarano interpreti.
Due direttrici dai flussi importanti con strade affollate e quindi pericolose e insostenibili saranno ottimamente servite da autobus cadenzati alla mezz’ora che viaggeranno paralleli a una ferrovia efficiente e in un caso (Cuneo – Saluzzo) usata solo da treni merci e nell’altro (Cuneo – Mondovì) da nessuno.
Dovrebbe essere inutile dire che siamo di fronte a un caso da manuale di servizio integrato ferro-gomma dove il vettore ferroviario potrebbe garantire la velocità e la connessione alla rete nazionale e il vettore stradale la capillarità e l’adduzione.
L’opportunità e l’importanza della riapertura al traffico commerciale della ferrovia Cuneo – Mondovì è sintetizzabile in tre punti:
· Le città di Cuneo e Mondovì sono osmotiche, condividono il tribunale e attività amministrative ed economiche: uno studio AMP rivela che la direttrice Cuneo – Mondovì ha un forte flusso di movimenti, quindi c’è domanda cui è opportuno rispondere in modo sostenibile
· La linea Cuneo – Mondovì, come si evince dal fascicolo linea RFI, è una ferrovia moderna con buoni livelli di prestazione: può costituire un’infrastruttura sostenibile veloce e competitiva
· Un servizio veloce Cuneo – Mondovì centrato su un nodo di Mondovì con i regionali veloci Torino-Savona significa avvicinare in maniera sostenibile Cuneo a Savona.
Figura 1: come potrebbe funzionare l’esercizio della Cuneo – Mondovì
 
Figura 2: i numeri possibili
 
In tema di finanziabilità i costi dell’esercizio ferroviario sono nominalmente superiori a quelli degli autoservizi, ma l’impiego dell’infrastruttura ferroviaria comporta un risparmio sui costi sociali, ambientali, economici e amministrativi che vengono sopportati per il non utilizzo della ferrovia e la risposta insostenibile alla domanda di mobilità
Un efficiente sistema ferroviario, dove adottato, ha comportato un ritorno economico in termini di ricchezza complessiva di 10 euro per ogni euro investito in zona turistica, nel caso della relazione cuneese anche un valore dimezzato costituirebbe sufficiente sprone.
Nella configurazione massima di 15 coppie feriali e 7 festive attraverso un cadenzamento regolare orario feriale e biorario festivo è stimabile un costo di € 2950000,00 con vettore nazionale
La finanziabilità sta nella soppressione di tutti gli autoservizi paralleli, nella razionalizzazione dei servizi afferenti urbani e provinciali per un terzo, nell’investimento regionale sul nodo di Cuneo in funzione delle relazioni interregionali e internazionali (Savona e Limone-Nice/Ventimiglia) e del risparmio socio-ambientale sul territorio determinato dalla risposta sostenibile alla domanda di mobilità per i restanti due terzi
A fronte di un maggiore investimento sul nodo di Cuneo si aumenta il valore complessivo della rete attraverso un aumento di efficacia superiore all’investimento locale.
La relazione Cuneo – Saluzzo oltre all’importante ruolo merci puo’ essere gestita con un servizio regionale cadenzato velocizzato che si integri con la capillarità dell’autoservizio che non può strutturalmente essere l’unico vettore se si vuole dare competitività al trasporto pubblico.
Cito per completezza e perché non nell’elenco delle infrastrutture pronte subito, ma che lo sarebbero dopo un percorso progettuale peraltro già avviato, la linea Mondovì – Bastia (funzionale al trasporto dell’area monregalese) e il raccordo merci di Bra – Cherasco – Narzole, che riportato il traffico viaggiatori potrebbe riconnettere ampi territori della Langa alla rete nazionale con evidenti benefici non solo della mobilità sostenibile, ma del sistema economico locale.
In figura 4 il contesto infrastrutturale ferroviario fra Bra, Ceva e Mondovi’. La città di Bra si colloca sulla linea 4 del Sistema Ferroviario Metropolitano Torino – Carmagnola – Bra – Alba. Si evince come il percorso Bra – Narzole si inserisca nel sistema trasporti della Langa attraverso Alba e connetta direttamente a Torino un maggior numero di località del turismo culturale e enogastronomico.
Figura 3: la sitauzione infrastrutturuale fra Bra, Ceva e Mondovi’
 
Il 13 luglio 2018 è stata riaperta la ferrovia Cuneo – Breil – Ventimiglia, il treno delle Meraviglie, dopo un travagliato iter, ma la sorpresa negativa è che ha riaperto con lo stesso servizio minimale antecedente la chiusura per lavori di due coppie di corse che non trova nessuna ragione industriale, economica e commerciale per non essere quantomeno raddoppiato.
I lavori fatti sono stati importanti e indispensabili, tutti localizzati in territorio francese, ed il merito del risultato infrastrutturale va in buona parte all’impegno della Regione Piemonte i cui risultati sono stati più volte messi in discussione da eventi esogeni al contesto italiano quali lo sciopero nazionale dei ferrovieri francesi e lo scarso interesse della nuova amministrazione PACA.
Va rilevato che operando in un contesto di accordo internazionale la gestione di un servizio di interesse regionale (anche se inserito in due regioni europee) è complesso ed evidentemente una iniziativa urgente da prendere e la ridiscussione degli accordi internazionali che disciplinano la gestione della linea.
Tali difficoltà, tuttavia, non rendono impossibile una intensificazione del servizio ed un suo sfruttamento a scopo turistico e come relazione di valico “dolce” fra Piemonte e Liguria occidentale.
Della tratta Savigliano – Saluzzo – Cuneo verrà riaperta al traffico viaggiatori la sezione di 15 km Saluzzo – Savigliano nel dicembre 2018, attualmente operativa per i treni merci, frequenti e importanti quanto a volumi, e rimane lecito domandarsi perché non sia stata estesa la riapertura fino a Cuneo e non legare quel tratto alla bretella ferroviaria isolata Bra – Cavallermaggiore, accomunata dalla stessa trazione termica. Una linea Bra – Saluzzo – Cuneo con una gestione magari complessa di sotto-relazioni a maggiore frequenza è una splendida opportunità per quella stessa Langa citata e per tutto il sistema ferroviario del NordOvest.
Ultima linea della sezione che affrontiamo è la Ceva – Ormea di cui la Fondazione FS ha recuperato un ruolo turistico, ma sono tante le idee e tanti i progetti in divenire che legano le loro ragioni a sezioni di questo tracciato dell’Alta Valle Tanaro,
Si rimanda al sito www.comitatotrenoalpiliguri.wordpress.com per i progetti di media e lunga prospettiva, mentre in questo momento ci interessa capire cosa si potrebbe fare subito, quali e dove siano i tanti alberi colmi di frutta che rischiamo di perdere
Sezione II – Asti
Nel 2013 è stato edito un bel libro di Arianna e Giuseppe Paschetto, edizioni del Capricorno che ha per sottotitolo “itinerari di scoperta in ferrovia”: il testo descrive tutti i potenziali percorsi turistici effettuabili con il treno in Piemonte. Il testo si sforza di cercare il bello ovunque, ma nel 2013 era già stato compiuto lo scempio delle chiusure indiscriminate e irresponsabili e in alcuni passaggi, lodevolmente direi, gli autori cercano il bello laddove non c’è, danno una connotazione turistica anche a percorsi che possono avere al massimo un interesse sociologico, come le grandi periferie disordinatamente antropizzate del capoluogo piemontese, del resto le uniche ad avere di fatto quasi intatta la rete complementare.
Nel bel testo vi sono proprio tutti i possibili percorsi, allora come adesso, percorribili in treno, ma è impossibile non notare che quel testo sia una inconsapevole denuncia alla classe dirigente degli ultimi decenni, politica ed economica, che appare in contesti come quelli che andremo a descrivere avulsa dalla realtà perché ancora immersa nelle perniciose logiche degli anni Sessanta.
Il testo ha omesso i percorsi più belli e le linee ferroviarie con maggiore vocazione turistica perché queste erano, come sono, chiuse al traffico viaggiatori nonostante i territori attraversati siano fra i più affascinanti d’Europa e nonostante le linee stesse siano, spesso, piccoli gioielli di ingegneria e architettura che aprono finestre sui tesori romanici e del gotico lombardo e piemontese sparsi sul territorio astigiano.
Asti è città d’arte ed è il più interessante ed esteso centro storico del Piemonte. È stata nodo ferroviario importante, al centro di una stella di collegamenti della rete complementare che hanno la caratteristica di essere non solo strumenti indispensabili di sviluppo sostenibile del territorio, ma, in molti casi gioielli inseriti in contesti paesaggistici unici.
Asti si colloca sulla Torino – Alessandria e da lei si diparte:
• la linea per Castagnole Lanze e Alba, sospesa per danni a una galleria in località Neive fra Castagnole e Alba nel 2010 e sospesa per scelta (scellerata) anche fra Asti e Castagnole nel 2012
• la linea per Montiglio, Cocconato e Chivasso, tesoro di liberty adagiato nei panorami più suggestivi del Monferrato, sospesa nella sua interezza nel 2012, ufficialmente per un problema di infiltrazione in una galleria di Brozolo;
• la linea per Casale Monferrato, che una volta andava a Mortara e perfino a Milano, altro piccolo grande tesoro perso in buona parte e che verrà recuperato nel tratto Casale Monferrato – Mortara nel marzo 2019, ma ne parleremo nella terza puntata. La linea Asti – Casale Monferrato è interrotta per inagibilità della galleria di Ozzano Monferrato, ma vedremo che tale interruzione era ovviabile.
• la linea per Acqui Terme, che una volta era unita alla linea che da Acqui Terme va a Genova che per fortuna funziona, ma rigorosamente solo nei giorni feriali perché in Piemonte non si è patrimonio UNESCO nei giorni festivi.
Le prime tre linee elencate non sono nel bel libro citato a inizio articolo, eppure potrebbero bastare loro come soggetto di un corposo testo non solo per gli scenari attraversati, ma anche per le architetture eleganti delle stazioni e delle opere civili che su quei tracciati insistono.
Prima ancora che l’allora giunta regionale rendesse definitiva la sospensione dell’esercizio del tratto Asti – Castagnole avevo presentato a tutte le autorità del tempo una bozza di fattibilità per recuperare due tratte non minate di criticità infrastrutturale e salvare buona parte dell’esercizio ferroviario dandogli un ulteriore ruolo passante nella città di Asti: quel progetto che con poca fantasia avevo battezzato la ferrovia del Monferrato partiva da Moncalvo, fra Casale Monferrato e Asti e da Asti raggiungeva Castagnole delle Lanze ottimizzando le due sezioni di linee efficienti e riducendo l’uso degli autoservizi alla mera sostituzione fra Moncalvo e Casale Monferrato e fra Castagnole delle Lanze e Alba. Rimando al link (http://www.afpiemonte.it/afp/wp-content/uploads/2014/04/FERROVIA-DEL-MONFERRATO2-1.pdf) per i dettagli della bozza di progetto.
Attualmente il ripristino della tratta Moncalvo – Asti è divenuto più complesso e si parla, seppure con ritardo, di ripristino della Asti – Castagnole Lanze dal giugno 2019 in attesa del rifinanziamento dei lavori di ripristino della galleria Ghersi fra Neive e Alba.
Volendo, comunque, verificare una veloce agibilità del tratto Moncalvo – Asti, privo di criticità infrastrutturali e riportante i danni del solo abbandono si riporta in figura 4 un possibile esercizio di quella che è definibile come linea dei panorami UNESCO, un’autentica risorsa per il territorio realizzabile con investimenti minimi il cui costo aumenta aumentando l’attesa a prendere una decisione.
La bozza di progetto sfrutta tutta l’ampia rete sospesa al traffico commerciale e non soggetta ad alcuna criticità infrastrutturale realizzando un collegamento fra Monferrato e Langa che copre tutta l’area UNESCO con efficacia riassumendo ogni ruolo pendolare e aumentando l’offerta di relazione fra i territori a beneficio del turismo e della mobilità sostenibile.
Figura 4: ipotesi di esercizio del treno UNESCO
 
Sono evidenti, oltre che note da diversi studi non ultimi quelli della stessa Agenzia per la Mobilità Piemontese, le ricadute positive sul territorio di un ripristino della linea Asti – Alba nella sua interezza, due città legate da eventi e strutture amministrative, da sinergie economiche e pendolarismo bidirezionale.
Una analisi simile a quella fatta per “la ferrovia del Monferrato” era pensabile sulla linea Asti – Chivasso che presenta due sezioni in grado di sviluppare traffico autonomamente e non solo far sopravvivere la tratta nonostante l’attuale scarsa propensione a porre rimedio alla galleria di Brozolo, ma a fornire al territorio un servizio efficace con un utilizzo efficiente dell’infrastruttura non minata da criticità.
Il ripristino completo di questa tratta andrebbe comunque affrontato in una logica di medio periodo date le sue caratteristiche peculiari che la rendono un’infrastruttura particolarmente pregevole che si stenta a credere possa giacere abbandonata.
La linea parte da Asti e raggiunge Montiglio, Cocconato, entra nella problematica galleria di Brozolo dopo la quale dopo la stazione di Brozolo, si trova Cavagnolo, prima periferia torinese che anticipa la città di Chivasso.
La tratta Cavagnolo – Chivasso è di sicuro interesse dei territori attraversati che ne chiedono da tempo un ripristino e dovrebbe tornare operativa nel 2019, stante le recenti dichiarazioni, mentre la tratta Asti – Cocconato potrebbe svolgere un discreto servizio integrato ed essere uno degli itinerari ferroviari turistici dati i gioielli architettonici, i panorami attraversati e le eccellenze enogastronomiche che vengono presentate in locali che hanno trovato sede in alcuni edifici civili una volta ad uso ferroviario.
La brevissima disamina che rimanda al sito ww.afpiemonte.it per le documentazioni fotografiche rivela che l’astigiano sia forse il frutteto più ricco e allo stesso tempo quello con il maggior numero di frutti lasciati sull’albero.
Il ripristino di queste tratte ferroviarie, anche programmato in una prospettiva di medio periodo, non è una battaglia politica, ma una battaglia di civiltà, una scommessa sul territorio e sul suo sviluppo sostenibile, un recupero di un patrimonio storico-culturale inestimabile che va dall’architettura, passa per l’archeologia industriale e arriva alla storia dell’ingegneria ferroviaria.
È fondamentale che la battaglia politica, in questi casi, si fermi ai metodi e che l’obiettivo di arrivare ad un graduale ripristino di questa preziosa rete sia un punto fermo per tutti.
Un elemento di sicuro interesse pendolare, ma ottimo per la mobilità sostenibile nel suo complesso sarebbe l’unificazione dei regionali Asti – Alessandria e Alessandria – Voghera in un’unica relazione locale in grado di connettere le linee RV Torino – Genova e Milano – Alessandria/Genova offrendo ad Asti un veloce e pratico “sbocco” su Milano.
L’operazione non è a costo zero, ma a costo negativo ovvero un guadagno: nel senso che sarebbe, dal punto di vista gestionale, una ottimizzazione delle risorse umane e di materiale rotabile.
Sezione III – Alessandria
l’Alessandrino inteso come area che va da Casale Monferrato a Ovada e da Acqui Terme a Tortona può serenamente definirsi un’area ricca di risorse e infrastrutture non utilizzate, di prospettive enormi non colte e con poca voglia di coglierle in futuro, salvo qualche sprazzo di vitalità sporadico e rigorosamente non coordinato.
Partendo da Alessandria, pensando a infrastrutture dimenticate, possiamo pensare alla ferrovia per Alba che giace abbandonata e senza una prospettiva reale: si parlava di un treno turistico in settembre 2018, ma il progetto è stato sospeso sine die … come l’esercizio viaggiatori; possiamo pensare alla linea per Ovada sulla quale, almeno, corrono i merci, essendo la spalla della ferrovia dei Giovi, possiamo pensare alla linea per Vercelli che da Casale Monferrato è sospesa e invece di essere riaperta l’anno prossimo come da protocollo firmato fra enti locali e Regione Piemonte lo sarà fra un minimo di due anni con una elettrificazione non richiesta e dei sottopassi in quel di Vercelli che l’amministrazione di quest’ultima città ha considerato prioritari all’esercizio ferroviario stesso rivelando efficacemente il perché buona parte del territorio piemontese non torinese sia riconducibile, a livello gestionale, ad una tabula rasa.
Ad Alessandria poi esiste quella che appare anche fisicamente come una tabula rasa ovvero lo scalo merci: l’area ferroviaria più grande d’Italia la cui posizione non è casuale e che avrebbe dovuto far nascere qualche legittimo dubbio di opportunità nei decisori quando questi hanno lasciato Alessandria Smistamento ferma alle tecnologie degli anni Settanta e hanno cominciato a costruire un nuovo scalo merci a Novara non sapendo più dove trovare, ora, lo spazio necessario agli ampliamenti e consumando chilometri quadrati di suolo che erano stati già consumati in Alessandria e che restano ora anche inutilizzati.
Ritornando al tema principale ovvero il trasporto viaggiatori occorre ripartire dall’inizio, quindi dalla linea per Alba, un gioiello quanto a panorami attraversati che è un tutt’uno con il parco letterario di Cesare Pavese per il quale era “la ferrata” è scenografia frequente di alti momenti della sua lirica.
La linea raccoglie tutte le potenzialità per cui la aveva voluta Giolitti come collegamento Est – Ovest fra Alessandria e Alba-Cavallermaggiore quindi fra la pianura padana e l’estremo occidente italiano, anche questo un aspetto sfuggito ai decisori successivi che si sono susseguiti.
Le potenzialità di questa tratta anche a livello turistico e non solo come asse di collegamento sono state diffusamente descritte in tanti articoli: a richiederne la riattivazione oltre ad Associazioni come afP (www.afpiemonte.it) si sono aggiunti tavoli tecnici e petizioni popolari, ma attualmente la sua sorte è rimandata dalla Regione Piemonte a momenti di maggiori disponibilità di risorse. Si rimanda alla figura 6 della sezione II per l’esercizio possibile in attesa del rinnovo della galleria Ghersi.
La ridistribuzione delle risorse investite dalla regione nel capitolo ferroviario è un tema che andrebbe affrontato.
La linea Alessandria – Ovada è servita a RFI come sussidiaria della linea dei Giovi per i treni merci, registrando un traffico significativo: questo aspetto la ha salvata ma rende inspiegabile economicamente, politicamente e industrialmente l’impossibilità a farci passare qualche treno passeggeri, anche solo prolungando alcuni convogli provenienti da Casale – Chivasso.
Sono stati fatti vari annunci e discussi modelli di esercizio, persino è stata fatta una proposta di gestione da parte di un vettore privato, senza però che alcuna iniziativa abbia avuto un seguito: l’ipotesi del gestore privato con un integrato ferro-gomma è un percorso anche interessante, ipotizzata dalla stessa afP, e un possibile modello di gestione efficiente oltre che efficace per linee considerate, a torto, secondarie, ma che appare sovradimensionato rispetto ad un processo di riapertura all’esercizio di sezioni della rete complementare di competenza regionale che, finora, ha difettato solo della sua pianificazione da parte dell’ente gestore.
Laddove le ferrovie che insistono sul territorio alessandrino sono aperte e fruite è comunque opportuna una significativa correzione della programmazione.
Uno schema nella figura 5 esemplifica il ruolo di Alessandria nella rete nazionale.
Figura 5
 
 
Per quanto concerne Alessandria le linee interregionali che la coinvolgono sono la linea Torino – Genova che è di competenza della Regione Piemonte e la linea Torino – Piacenza (Bologna – Ancona), che è stata soppressa dalla giunta 2010-2014 (per questo i vecchi IR e RV Torino – Bologna – Ancona ora partono da Voghera (sic!)).
Il collegamento Alessandria – Milano Centrale è stato istituito dalla Regione Lombardia perché la Regione Piemonte riconosce una sola coppia di treni Asti – Milano” ed è un cadenzamento biorario migliorabile in fascia mattutina abbastanza facilmente, mentre il collegamento con Milano Porta Genova (Milano San Cristoforo M4 e S9 in futuro) ha potenzialità enormi per ora lasciate a consumarsi in 5 coppie di treni pendolari, quattro che effettuano tutte le fermate e una velocizzata, come da figura 6.
Figura 6: i collegamenti diretti Alessandria – Milano Porta Genova
 
Sul tema dei collegamenti con Milano sono state spese molte parole, ma l’unico aspetto concreto e rigorosamente trascurato è un consolidamento del rapporto con Regione Lombardia per migliorare l’attuale offerta più che nei tempi di percorrenza, che hanno ancora margini limitati di efficientamento, nella frequenza al mattino su Milano Centrale e sul cadenzamento su Milano Porta Genova.
Un aspetto tanto fondamentale quanto trascurato è il prioritario arretramento, previo accordo con le regioni limitrofe, degli attuali treni Voghera – Bologna/Ancona ad Alessandria, sfruttando l’essere punto di diramazione fra due linee fondamentali del nodo alessandrino.
Un attestamento ad Alessandria di questi treni costituirebbe con un investimento minimo e una ristrutturazione parziale del sistema regionale Alessandria – Voghera un’esplosione di relazioni e un collegamento efficace Torino/Vercelli (con la riapertura) /Novara sulla dorsale emiliana e adriatica attraverso Alessandria.
Nella figura 7A un semplice schema rappresenta la rete RV attuabile senza costi aggiuntivi, ma ottenendo una ottimizzazione industriale e gestionale, definita fase I immediatamente attuabile.
Figura 7A – rete RV di competenza Regione Piemonte, fase I
 
Con un modesto investimento infrastrutturale la rete regionale veloce può aumentare e divenire uno strumento importantissimo: al centro il nodo di Alessandria.
Figura 7B – rete RV di competenza Regione Piemonte, fase II
 
Non manca il tema del collegamento con Roma che avviene attualmente solo tramite Milano Centrale, ma che può e deve essere efficacemente integrato con il ripristino di treni di categoria superiore sulla dorsale tirrenica, questa operazione è facilmente realizzabile sopprimendo i poco utili Intercity Torino Porta Nuova – Genova e portando a Torino PN via Alessandria – Asti un sufficiente numero di coppie di treni di categoria superiore Genova – Roma attualmente attestati a Genova Principe.
Come si evince da questa brevissima disamina gli investimenti per trasformare il nodo di Alessandria nell’hub regionale (nel senso ampio di area padana occidentale) che naturalmente è non prevede investimenti significativi, ma è solo un problema di organizzazione e di distribuzione di risorse oltre che di una visione di prospettiva dell’ente gestore che non si fermi ai confini regionali.
Esistono note positive come la riapertura nel marzo 2019 della linea Casale Monferrato – Mortara, sulla quale si sono concentrati molti positivi ed efficaci sforzi del territorio e dell’amministrazione comunale casalese, ma che costituisce un importante ma piccolo punto di inizio non certo un risultato.
Ci sono sezioni del vasto frutteto alessandrino che ormai hanno perduto i frutti e che difficilmente potranno essere colti prima di una generazione ripartendo da subito: lo scalo merci con l’occasione perduta di Railion (ora DB Cargo) e i treni con auto al seguito tedeschi (Autozug) e olandesi (Autoslaap), ma c’è un abbondanza di frutti a costo minimo (come la Alessandria – Alba) e pressoché nullo come la riorganizzazione della direttrice Alessandria – Bologna – Ancona e del sistema regionale implementando le destinazioni ora abbandonate come Ovada e un utilizzo razionale del nodo di Acqui Terme e della linea per Savona.
La questione Terzo Valico che è parallela, ma non sovrapposta, allo sviluppo di questo territorio, ha una dimensione continentale e verrà quindi sviluppata in un contesto a sé stante. È del tutto evidente che costituisca una possibilità di rilancio della logistica alessandrina, come è del tutto evidente che sia indispensabile per rinnovare un sistema ferroviario che nella direttrice Nord-Sud è fermo all’Ottocento, ma è anche importante che non venga derubricato a opera TAV, per il senso che (non) ha questa definizione nell’ambito dei tunnel di base.
Sezione IV – Bacino Nord-Est, ovvero Vercelli e Novara
La quarta parte del ciclo è uno sguardo su quella vasta parte del Piemonte che va dal vercellese al lago Maggiore: il “bacino Nord-Est” nella nuova suddivisione regionale degli ambiti di programmazione.
Novara, come Alessandria, deve molto alla Regione Lombardia che l’ha resa capolinea della S6, ma nonostante alcune amputazioni della sua rete resta un importante nodo a stella oltre che passante rispetto agli RV Torino Porta Nuova – Milano Centrale.
Nel passato recente la scelta commerciale di Trenitalia di trasferire i suoi treni (non servizio pubblico contribuito, ma treni a mercato) sull’Alta Velocità e quindi di sopprimere i treni Freccia Bianca Torino – Venezia/Trieste per farli diventare Freccia Rossa ha causato non poco rumore e non poche dichiarazioni (da Vercelli e da Novara) discutibilmente legate ad un isolamento ferroviario che ha ben altri contesti e ben altri contorni.
Trenitalia ha fatto una legittima scelta commerciale (annunciata da anni) relativa ad una offerta totalmente a mercato, la Regione, in risposta ad attacchi squisitamente politici, ha fatto una scelta politica sostituendo i treni commerciali di Trenitalia di categoria superiore con treni regionali contribuiti da tutti i cittadini. Il costo dell’operazione è stato di 1.6 milioni di euro annui per il sistema trasporti regionale, un importo che trova molta più difficoltà ad essere reperito per riaprire linee in aree marginalizzate dalle scelte gestionali dei periodi precedenti.
La cifra indicata è una buona approssimazione del costo di gestione medio di una ferrovia complementare di circa 30 km gestita annualmente con un cadenzamento orario.
Sarebbe stato opportuno allora, ma si è ancora in tempo a farlo, insistere presso il Ministero dei Trasporti affinché venisse esteso il servizio universale alla dorsale Torino – Venezia attraverso l’istituzione di Intercity sulle tracce lasciate libere dai Freccia Bianca.
Novara è poi capolinea della bella linea della Valsesia che attende un ripristino commerciale continuamente rinviato. La ferrovia viene percorsa dei treni merci per metà del suo percorso, fino a Romagnano Sesia e per l’altra metà, quella maggiormente antropizzata e con una evidente domanda potenziale, viene percorsa dai treni storici della Fondazione FS.
Non esistono ragioni reali, a meno di non volerle inventare, perché la linea non torni ad un esercizio regolare chiesto a gran voce dalla quasi totalità della comunità valsesiana e fondamentale per lo sviluppo sostenibile del turismo locale: una delle tante dimostrazioni dell’opportunità di un ritorno al servizio regolare oltre che al traffico storico è l’organizzazione di treni straordinari operati con materiale non storico, regolarmente gremiti, in occasioni delle manifestazioni più frequentate della Valsesia, l’Alpa fra tutte.
Attraverso lo schema della figura 8 rappresentiamo il ruolo chiave della ferrovia della Valsesia per il territorio su cui insiste.
Figura 8
 
Il percorso decisionale da prendere segue tre punti:
1) Individuarne lo sfruttamento come trasporto locale valsesiano quasi azzerando il trasporto su gomma laddove insiste la ferrovia: le località che da Romagnano arrivano a Varallo sono tutte significativamente urbanizzate quindi hanno una domanda potenziale di mobilità fra loro, potenziale che si riduce per la scarsa urbanizzazione e per la rarefazione delle stazioni lato Novara.
2) Sostenerne il ruolo turistico, che può essere molto più significativo del pur ottimo intervento del treno storico avendo possibilità, tramite Novara, di connettere la Valsesia con un sistema di trasporto sicuro, efficiente e sostenibile a Milano e tramite Alessandria alla Liguria e alla bassa Padana.
3) Concentrare le risorse della gomma per la realizzazione di una rete dell’alta valle (Alagna) che usi Varallo come nodo e punto di interscambio allo scopo di ridurre il traffico privato e offrire opportunità di mobilità soddisfacente e sostenibile al turismo. In Valsesia diventa autoservizio portante quello da Varallo ad Alagna e alta valle nelle stagioni turistiche. I grossi flussi delle stagioni turistiche aumentano la media annuale di frequentazione rendendo perfettamente gestibile il traffico locale dei periodi di bassa frequentazione.
Esistono possibilità di inserimento anche di tracce a lunga percorrenza con tecnologie in uso in Germania da anni, esemplificate in figura 9.
Figura 9
 
Un discorso a sé stante merita il nodo di Biella, dove è stata decisa una discutibile elettrificazione verso Santhià e dove sono in corso o quantomeno dovrebbero esserlo, lavori di potenziamento della linea per Novara. Il tema è ampio e con molti risvolti tecnici che esulano da questa disamina avente lo scopo di evidenziare semplicemente le iniziative gestionali che possono essere subito intraprese.
Ci si limita a evidenziare come non vi sia alcuna giustificazione industriale, gestionale ed economica ad anteporre l’elettrificazione della relazione Biella – Santhià ad altri interventi di ripristino sulla rete, anche degli stessi ambiti con particolare riferimento alla Santhià – Arona.
La realizzazione di RV Biella – Torino PN è possibile mettendo in turnazione convogli bimodali la cui fornitura è in corso per la Regione Valle d’Aosta: tali relazioni devono essere inserite nell’asset della Torino – Milano e possono essere parte della seconda fase di ristrutturazione del programma regionale RV come da figura 7B.
Nella programmazione delle iniziative regionale deve essere tenuto in debito conto che allo stato attuale il nodo di Biella è uno dei pochi in Piemonte servito da un servizio efficace cadenzato su 365 giorni all’anno.
Il nodo di Novara ha, invece, necessità di importanti iniziative, esso è diventato il principale polo logistico del Nord-Ovest e la sua crescita non è finita, Novara è, inoltre, sull’asse del Sempione e risulta evidente che parte del corridoio Nord-Sud TEN-T sia proprio Sempione – Novara – Alessandria – Genova/Savona.
Un dato che va sottolineato è che merci e passeggeri si muovono lungo le stesse direttrici chiamandosi vicendevolmente, tanto che una linea con una alta frequentazione viaggiatori è una via che sarà richiesta dalla logistica per spostare merci e una linea su cui insiste un pesante traffico di merci ha, normalmente, un alto potenziale di domanda viaggiatori per collegamenti di medio-raggio.
Novara, con Alessandria, potrebbe avere un importante ruolo in questo senso sfruttando i corridoi merci esistenti per coppie di treni regionali veloci (o anche Intercity) che bypassando le metropoli diventino collegamento fra territori e per i territori: la immaginata X è Arona – Novara – Alessandria – Savona e Domodossola – Omegna – Novara – Alessandria – Genova.
Va rimarcato che l’ultima relazione esisteva come periodico estivo ed era interpretata da un IR frequentato e rimosso dalle (il)logiche politiche gestionali regionali sul percorso Domodossola – Arona – Novara – Alessandria – Genova – Albenga.
Novara e Alessandria con Vercelli costituiscono le tre sedi dell’Università del Piemonte Orientale, Ateneo prestigioso in meritata crescita e sarebbe normale che le tre città si integrassero e non entrassero in competizione fra loro. Lo strumento migliore, se non l’unico, per consentire l’integrazione in luogo della competizione è la facile mobilità fra un punto e un altro dell’UPO: le città devono essere fra loro connesse attraverso un sistema efficace di trasporto pubblico, sistema che non può certo essere rappresentato da una mezza dozzina di corriere fra Alessandria e Vercelli non integrate nel sistema trasporti delle città né in quello ferroviario e in una linea regionale Alessandria – Novara dagli orari poco fruibili.
Occorre quindi, per parlare di Novara e Vercelli, ritornare sul nodo di Alessandria per completare il quadro del bacino nord-est
La riapertura della linea Alessandria – Vercelli è in dipendenza della riapertura del tratto inopinatamente sospeso al traffico nel 2013 fra Casale Monferrato e Vercelli, tale tratto avrebbe dovuto essere riaperto a giugno 2019, ma richieste accessorie dell’Amministrazioni di Vercelli hanno imposto una riapertura subordinata alla realizzazione di un sottopasso e una modifica viaria a Vercelli e all’elettrificazione del tratto, utile ma assolutamente non prioritaria.
La Regione Piemonte ha, con efficacia, mediato e ottenuto quanto meglio si potesse fare con la riapertura della linea per Mortara attraverso l’intervento diretto di RFI e la richiesta al CIPE per il finanziamento dei lavori relativi al ramo Vercelli.
È quindi indispensabile che si attuino quanto prima, in attesa di un ripristino ferroviario anche sull’asse Casale – Vercelli, politiche di integrazione ferro-gomma sia a livello di esercizio che a livello tariffario nei collegamenti fra i tre poli dell’Università del Piemonte Orientale.
In figura 10 si illustra il tema della priorità dell’istituzione di un asse ferroviario Vercelli – Alessandria.
 
A proposito di grande occasione da non perdere nel bacino Nord-Est è doveroso soffermarsi sulla linea Arona – Santhià, cui da anni dedico passione e studio sia con Associazione Ferrovie Piemontesi (www.afpiemonte.it) che con la nuova Associazione Ferrovia Torino – Svizzera (https://ferroviatorinosvizzerablog.wordpress.com) che sta lavorando con il massimo impegno e con la massima serietà per il ripristino facendo cultura (attraverso esposizioni e convegni), con una raccolta firma e partecipando al Tavolo dei Sindaci dell’asse del Sempione, presieduto dal Sindaco di Arona.
La Arona – Santhià fu realizzata all’inizio del Novecento con lo scopo di collegare il Sempione e il Lago Maggiore a Torino, a testimoniarlo l’illustrazione realizzata per l’inaugurazione del Passo del Sempione che la riporta come percorso privilegiato dei convogli internazionali provenienti dall’area tedesca e diretti a Torino quindi poi al Fréjus e alla Costa Azzurra.
Questo ruolo internazionale venne via via ridotto fino a scomparire negli ultimi decenni di servizio, persistendo fino alla regionalizzazione del servizio del 2000, comunque, treni di media percorrenza da Stresa a Torino. La diminuzione del ruolo internazionale è stata anche in buona parte dovuta ad un abbandono politico dei collegamenti via ferro Torino – Lago Maggiore quindi area tedesca: la domanda potenziale è sempre cresciuta ad ogni diminuzione di offerta, arrivando ad oggi dove le potenzialità della linea sono totalmente inespresse.
Dal 2000 in poi la linea ha rivestito un carattere locale con una gestione mediocre e poco appetibile, nonostante un’infrastruttura rimasta integra persino dalle conseguenze dell’applicazione della teoria della “rete snella” che negli stessi anni aveva falciato la capacità di tutte le linee della rete complementare e non solo. Nel 2012 è stata sospesa all’esercizio viaggiatori e inserita fra le linee secondarie a scarso traffico, nonostante non fosse a scarso traffico e, soprattutto, non potesse definirsi secondaria.
Il semplice schema di figura 11 rappresenta la strategicità dell’infrastruttura anche nel solo contesto di servizio alla rete.
Figura 11
 
Essa ha la caratteristica unica di unire cinque nodi ferroviari in 65 km (Santhià, Rovasenda, Romagnano Sesia, Borgomanero) e la sua importanza come infrastruttura di servizio è testimoniata dal parziale ripristino che RFI ha operato di una sezione presso Borgomanero allo scopo di manutenere la Novara – Domodossola (percorsa da decine di treni merci al giorno) con cui proprio a Borgomanero la Santhià – Arona si interseca.
Non terminare il ripristino funzionale della linea e non programmare un servizio ordinario su di essa è l’occasione più grande che possa essere persa e sarebbe un danno enorme come costo – opportunità specie in funzione della pessima iniziativa dal costo varie volte superiore di realizzazione di una perniciosa bretella autostradale nell’area di Ghemme.
Spendere 80 milioni regionali oltre ai 124 di Anas per realizzare una infrastruttura dall’alto consumo di suolo, incentivo e produttrice di mobilità insostenibile nonché danno alla difficile e fondamentale operazione di shift modale da gomma a ferro e, parallelamente, non prendere in considerazione di terminare il ripristino della ferrovia Arona – Santhià, priva di criticità infrastrutturale e colpevolmente abbandonata per oltre metà del suo percorso in parallelo alla nuova infrastruttura stradale risulterebbe essere uno dei peggiori exemplum non sequendum di politica territoriale.
Nel ripristino di una linea come la Arona – Santhià il principio cardine non è l’analisi dei flussi attuali (mortificati da decenni di servizio mediocre e abbattuti con la sostituzione del servizio in ferroviario in due modesti autoservizi collegati) ma nell’adeguare l’offerta alla domanda potenziale.
Si deve partire da un servizio cadenzato orario esemplificato in figura 12 e più volte presentato nel corso dei convegni tenuti negli ultimi cinque anni circa questa importante relazione, i cui atti sono disponibili in rete sui siti di AFP e AFTS già citate.
 
Il passo immediatamente successivo è quello di adeguare il progetto preliminare alla domanda potenziale, come esemplificato in figura 13
Figura 13
 
L’aspetto internazionale della linea è uno degli argomenti più forti del ripristino. Un ripristino attuale sulle esigenze e sulle potenzialità del momento pone le basi di un potenziamento e di uno sfruttamento come corridoio anche per le merci, specie in prospettiva ad un asse TEN-T Ovest – Est.
Su tale direttrice dovrebbe collocarsi anche la linea costiera ligure, ma è del tutto evidente che essa non possa bastare nemmeno una volta terminato il raddoppio e che sia fondamentale aumentare la capacità del sistema senza mettere ulteriormente sotto pressione le linee di nodo afferenti alle metropoli: proprio in quest’ottica la Arona – Santhià ha ulteriori potenzialità.
Conclusioni
Dalla lettura di questa breve disamina si evidenzia come sia difficile suddividere l’area piemontese non afferente Torino in bacini e ambiti. I richiami agli uni e agli altri sono continui nell’affrontare qualunque relazione.
Ne risulta che non esista un bacino Nord-Est come di un bacino Nord-Ovest, ma esista una fitta rete di linee ferroviarie relazionate, ma non sovrapposte, alla rete fondamentale che sono assi di comunicazione fra territori e corridoi per fondamentali percorsi interregionali.
I percorsi interregionali se ben gestiti possono essere ottimo strumento di sviluppo sostenibile e importante strumento per quello shift modale da gomma a ferro così fondamentale per la coesistenza fra sviluppo economico e sopravvivenza del pianeta.