Premessa

La Vertenza nasce su iniziativa di alcuni comitati di viaggiatori ferroviari locali nell’obiettivo di organizzare una rete nazionale per coordinare le singole battaglie regionali in una battaglia comune, al fine di rendere più forti ed efficaci le iniziative  di rivendicazione del diritto a un sistema di trasporto ferroviario su standard europei.

Non è più tempo di chiacchiere, di osservatori, di promesse. Abbiamo innescato un processo e cercheremo di portarlo avanti, anche se qualcuno potrà non condividerlo; diffidiamo dai falsi unanimismi o dalla cultura del “vogliamoci tutti bene”. Saranno i risultati sul campo a dire se abbiamo intrapreso una strada buona o meno. Certo, non ci sta più bene assistere a sfogatoi su Facebook o iniziative sporadiche e proteste a vuoto, isolate e che fanno sorridere i vertici FS o i politicanti. Vogliamo alzare i toni e il livello della discussione, vogliamo coinvolgere le competenze, gli ingegneri, gli esperti, gli amanti delle ferrovie regionali e del nostro paese.

Questo significa assumere alcune scelte di fondo;  ad esempio dire basta ai finanziamenti a perdere sul TAV e riequilibrio della spesa a favore delle ferrovie regionali e interregionali ordinarie, secondo una impostazione culturale diversa, un approccio finalizzato all’affermazione di un sistema di Trasporti Equo-Sostenibili.

Questo documento è una bozza di partenza suscettibile di integrazioni e modifiche; ci si attende un contributo propositivo, possibilmente non snaturante, da parte dei referenti dei comitati di pendolari e movimenti di tutt’Italia, nell’intento di giungere entro l’anno ad un documento di Vertenza denso di contenuti, chiaro e sintetico, da assumere a base di una rivendicazione di civiltà.

Non si tratta di operare semplicemente una sommatoria di piattaforme regionali, ma di aggregare e omogeneizzare le proposte locali, con un pò di buona volontà e di contributi tecnici, su un nucleo di comune interesse. I documenti di vertenza regionale non andranno sacrificati, ma costituiranno elementi complementari, rappresentando l’espressione di esigenze legate agli specifici contesti; d’altra parte essi potranno trovare linfa e arricchimento in rapporto allo scambio culturale e tecnico fra i comitati delle diverse regioni.

1. I protagonisti della Vertenza

Della rete faranno parte singoli cittadini e pendolari, movimenti ed associazioni locali. Sarà costituita una cabina di regia formata da referenti locali di pendolari, viaggiatori del treno appassionati di settore, competenti e con un minimo di visione strategica, per concordare linee, criteri, metodi di lavoro, iniziative di lotta e documenti comuni. Ma non ci saranno segretari, presidenti o ruoli remunerati, solo responsabilità a titolo volontaristico.

Lungi dal rifiutare il dibattito o la convergenza con le “associazioni pre-costituite (APC)”, pensiamo che la nostra iniziativa di dar vita ad una Vertenza Nazionale sulle Ferrovie possa assumere valenza innovativa a patto che:

–          si lavori lasciando libera espressione ai movimenti, evitando di imbrigliarli con mozioni pre-costituite o forme di rappresentanza auto-referenziali;

–          si costruisca qualcosa di serio e condiviso su contenuti e metodi di lotta, partendo dalle espressioni di base;

–          si eviti di coinvolgere vertici delle controparti in fasi di proposta ed elaborazione;

–          si attivino forme di lotta efficaci e coordinate, perché fino ad oggi non si sono visti risultati concreti; nonostante gli sforzi delle APC, magari anche notevoli, a scala nazionale non si è mai attivata una class action, mai un documento di rivendicazione nazionale chiaro, mai una battaglia contro il TAV come fatto di principio, mai un tentativo di organizzare proteste e proposte di rilevante impatto mediatico e politico.

Non escludiamo in futuro un possibile confronto con APC, ma in questa fase i comitati dei pendolari e gli utenti del treno devono esprimere appieno le proprie esigenze, senza sentirsi condizionati o sviati nei percorsi per la riconquista di servizi ferroviari e diritti che giorno dopo giorno vengono falcidiati. Non vogliamo alimentare polemiche infruttuose, ma vogliamo dar vita a qualcosa di serio, un movimento inclusivo e partecipato, che si prefigge di pesare sulla scena delle decisioni politiche e di rappresentare in modo visibile, coordinato e fermo, le esigenze della maggioranza dei viaggiatori in treno di tutta Italia, viaggiatori che non sono in condizioni di fruire del TAV.

Le manifestazioni locali, occasionali, magari anche forti e partecipate, pur numerose e frequenti, non riescono a smuovere i vertici di governo; noi vogliamo organizzare le forze ed attivare forme di lotta e di rivendicazione secondo strategie chiare ed azioni innovative, chiamando a raccolta i movimenti diffusi sul territorio per dar loro una stessa voce, la voce di 2,9 milioni di pendolari del treno, di milioni di viaggiatori discriminati.

2. Stato dell’arte generale sulle ferrovie in Italia

Il sistema ferroviario nazionale sta subendo da anni una trasformazione che si traduce in un generale squilibrio nel diritto alla mobilità dei cittadini; si è scelto di privilegiare l’Alta Velocità concentrando ingentissime risorse su nuove linee (il cui costo unitario è risultato straordinariamente più elevato rispetto a quello di linee analoghe in altre nazioni europee) e su servizi destinati ad una componente di utenza limitata. In effetti bell’ultimo decennio il rapporto fra gli investimenti per servizi ordinari e regionali e i corrispondenti per il TAV è stato 1 su 23 (per 1 Euro investito sulle ferrovie regionali ne sono stati destinati 23 sull’AV), mentre il rapporto fra utenza (pendolari) sulla breve percorrenza risulta pari a 10:1 (ovvero per un viaggiatore su treni a lunga distanza ve ne sono ben 10 che si spostano su treni regionali. Uno squilibrio fra domanda e offerta incredibile; peraltro lo squilibrio è multiplo e pesante sotto diversi punti di vista: il TAV favorisce le relazioni fra le metropoli d’Italia, spesso marginalizzando il resto del territorio; il TAV è fruibile solo dalle popolazioni del Centro-Nord Italia (si ferma infatti in Campania, con soluzione di continuità a Sud); il TAV presenta tariffe costose (accessibili solo a ceti a reddito medio-alto) e quindi è discriminante; il TAV non si integra con le reti regionali; il TAV non raggiunge le città minori, le aree periferiche, collinari e montane.

La consapevole e scientifica destinazione di risorse sul TAV ha fatto il paio con una politica tesa all’abbandono delle reti esistenti e dei servizi ordinari a lunga percorrenza, regionali e delle ferrovie minori. Si è andato depauperando e degradando un patrimonio di infrastrutture, strutture e stazioni che era stato edificato in oltre un secolo e che aveva contribuito ad unire l’Italia, a favorire gli scambi di persone, culture, merci, a sviluppare intere aree del paese. Dimentichi dell’energia, delle risorse umane e finanziarie, dei saperi e delle tecniche costruttive storiche espresse dall’ingegneria e dalla operosità dei lavoratori italiani, si è sacrificato tutto sull’altare del mercato e dei profitti, nella logica thatcheriana scellerata e perdente del privatizzare a tutti i costi.

Il servizio ferroviario è stato affossato attraverso una miriade di azioni deleterie, sempre giustificate da sedicenti motivazioni efficientiste; si è così assistito nel tempo a fenomeni quali:

  • Applicazione non ponderata della devoluzione alle regioni della gestione della rete ferroviaria locale con la maldestra e irragionevolmente rigida spartizione delle tratte fra le regioni, anche spezzando relazioni interregionali;
  • Manutenzioni ritardate o non eseguite, fino a rendere le linee impraticabili o spezzate in tronconi di scarsa utilità;
  • Eliminazione dei binari di precedenza e d’incrocio, specie nelle stazioni di testa (c. d. Rete snella) con conseguente depotenziamento della rete e limitazione della capacità di traffico;
  • Istituzione di treni a tariffe di mercato al posto dei diretti e degli interregionali;
  • Tagli di migliaia di km di linee (solo nell’ultimo anno sono state falcidiate decine di linee regionali in tutta la penisola; v. Tab.1);
  • Cancellazione di decine e decine di corse, in particolare treni a lunga percorrenza fra Nord e Sud del paese e treni notte;
  • Autoservizi sostitutivi in parallelo e concessione di linee parallele alle ferrovie sovvenzionate;
  • Confinamento delle linee complementari ad un ruolo esclusivamente locale, con treni a percorso breve, includendo pochissimi nodi;
  • Invecchiamento del materiale rotabile, senza rinnovo o potenziamento adeguato;
  • Peggioramento continuo dei servizi in termini di offerta e qualità (pulizia, servizi agli utenti, sicurezza);
  • Orari mal concepiti, non coordinati, spesso modificati senza preavviso, programmazione di coincidenze estremamente scomode;
  • Sempre più frequenti soppressioni di corse;

 

Piemonte: chiuse con la scusa di gallerie pericolanti la Castagnole-Alba (aprile 2010), la Mortara-Casale-Asti (settembre 2010) e la Chivasso-Asti (settembre 2011); chiuse complessivamente 12 linee per complessivi 450 km (25% della rete regionale) nel 2012, isolando larghe porzioni del Monferrato, delle Langhe e del Cuneese. Abbandonata la linea Santhià – Arona, via più breve fra Torino e il Lago Maggiore e collegante fra di loro ben 5 nodi, linea anche frequentata e chiusa per ragioni, evidentemente, politiche.

Liguria: soppresse due coppie Genova-Milano e altri treni, tra cui 6 coppie di Metropolitani dell’area di Genova (tra dicembre 2010 e settembre 2011).

Emilia Romagna: quasi totale soppressione del servizio Cremona-Piacenza e Cremona-Fidenza (maggio 2011).

Toscana: 7 stazioni soppresse (Serravalle Pistoiese, Borgo a Buggiano, Montecarlo, Porcari, Tassignano, Nozzano, Massarosa), 27 treni giornalieri cancellati sulla tratta Pistoia – Lucca e 17 treni giornalieri cancellati sulla tratta Lucca – Viareggio;

Marche: riduzione a due corse scolastiche della Fabriano-Pergola e ridotto il servizio sulla Civitanova-Macerata (ottobre 2011), elettrificazione (in corso) della Ascoli – Porto d’Ascoli e mancato recupero del traffico merci nonostante raccordi in aree industriali attive.

Molise: chiusa la Castel di Sangro-Carpinone (ottobre 2010).

Abruzzo: chiusa la Sulmona-Castel di Sangro (dicembre 2011).

Campania: chiusa la Avellino-Rocchetta (novembre 2010) e tagliati vari treni verso la Calabria; corse tagliate sulla Circumvesuviana (per dissesto finanziario dell’impresa).

Puglia: chiusa la Rocchetta-Gioia del Colle (ottobre 2011) e ridotto il servizio sulla Barletta-Spinazzola (ottobre 2011) e Foggia-Manfredonia (dicembre 2011).

Calabria: chiuse la Gioia Tauro-Palmi e la Gioia Tauro-Cinquefrondi delle Ferrovie della Calabria (giugno 2011); sospeso il collegamento ferroviario fra Calabria e Puglia, sostituito con autoservizi; sospeso da 3 anni il collegamento fra Cosenza e Catanzaro causa frana.

Sicilia: costruzione di orari scomodi su molte tratte in concorrenza con linee bus private con l’ovvio scopo di favorire quest’ultime, chiusura della Gela – Caltagirone.

Sardegna: abbandono del traffico merci, riduzione delle corse fra Sassari e Olbia e fra Sassari e Macomer. Scarsa sinergia fra linee ARST (Macomer-Nuoro, Sassari – Alghero, Sassari – Sorso) con la rete a scartamento ordinario. Ad un discreto sviluppo della rete meridionale si assiste al progressivo abbandono della sezione settentrionale pur con ampie potenzialità. Mancato sfruttamento della variante di Chilivani per l’istituzione di treni veloci.

Ciò ha indotto effetti perversi come:

  • Sopravvivenza solo delle categorie estreme di servizi (Regionali con fermata in tutte le stazioni o Rapidi IC, ES, AV);
  • Impoverimento e degrado dei servizi di trasporto sulle linee locali, nonostante negli ultimi 5 anni si sia registrato un incremento di oltre 600.000 viaggiatori.
  • Vessazione dell’utenza del servizio ferroviario pubblico, ad eccezione di quello ad alta velocità;
  • Mancata compensazione delle perdite con gli introiti derivanti dai servizi più redditizi;
  • Disgregazione del sistema ferrovia, che si reggeva sull’effetto rete;
  • Strumentalizzazione di questi eventi da parte di alcuni Amministratori pubblici ed alte cariche dell’Amministrazione Ferroviaria per peggiorare ulteriormente la situazione.

 

Che la situazione sia drammatica lo testimonia anche Assoutenti (2012) che purtroppo si è limitata solo alla denuncia: La deriva delle Ferrovie regionali è disastrosa ed inaccettabile. Infatti oggi la chiusura di linee ferroviarie non si giustifica sotto alcun profilo. A differenza di quanto accadeva negli anni Sessanta, al tempo della corsa alla motorizzazione individuale, oggi non c’è riduzione della domanda di trasporto su ferro, anche in ragione della congestione viaria delle aree urbanizzate e della crisi economica che, sommata al costo crescente dei carburanti, induce le famiglie a  ridurre gli spostamenti in auto. Nelle Regioni che hanno creduto nel treno – per esempio nel caso della Lombardia che ha intensificato le corse su linee in precedenza agonizzanti, come la Pavia-Stradella o la Seregno-Carnate, ovvero della Puglia che, dopo quasi mezzo secolo di abbandono, ha riaperto al traffico la linea Foggia-Lucera, introducendo un orario cadenzato e frequente  – la risposta del pubblico è stata entusiasmante.  Anche nel caso di aree montane, distanti dai grandi centri urbani, un esercizio ferroviario snello, con materiale rotabile adeguato, ha consentito di promuovere il traffico escursionistico congiunto bici+treno, con notevoli benefici indotti sulle economie locali. E’ il caso della linea della Val Pusteria o della Merano-Malles in Alto Adige. Quest’ultima, al tempo della gestione FS, negli anni Ottanta, era percorsa da appena tre coppie di treni al giorno e perciò venne chiusa per carenza di traffico. Riaperta venti anni dopo dalla Provincia autonoma di Bolzano con criteri innovativi, è divenuta l’emblema del turismo in Val Venosta ed ora necessita di ulteriori migliorie per far fronte alla crescita di passeggeri.

A differenza degli anni Ottanta, quando l’allora ministro Signorile voleva chiudere le linee secondarie perché la gestione risultava troppo costosa, oggi questo non è più vero. Grazie alle nuove tecnologie, i costi del servizio sono diminuiti e ci sarebbero tutte le condizioni per incrementare l’offerta. E proprio le linee minori – dove quasi tutte le stazioni sono impresenziate e l’esercizio potrebbe avvenire in sicurezza con un solo agente a bordo dei treni – sono le meno onerose da esercire. L’alternativa costituita dalla sostituzione con autobus è ovunque fallita. Senza quel minimo di affidabilità che il treno comunque assicura anche in condizioni climatiche avverse ed a causa della congestione della rete viaria, il bus risulta quasi sempre inaffidabile e viene pertanto scartato dai potenziali utenti. 

Chiudere una linea ferroviaria – a differenza di quanto avviene per una tratta aerea o marittima, che è sempre ripristinabile in futuro, appena se ne verificassero condizioni di mercato propizie  – è quasi sempre un provvedimento irreversibile: nel giro di poche stagioni la vegetazione e la speculazione edilizia compromettono quanto resta del patrimonio infrastrutturale e, in caso di riapertura, molto spesso si tratta di procedere ad una ricostruzione integrale con costi difficilmente sostenibili. Va considerato come, tra le linee attualmente “sospese” ve ne sono alcune già ampiamente ristrutturate in anni recenti (come la Cuneo-Mondovì, la Asti-Alba o la Caltagirone Gela, quest’ultima inaugurata nel 1979), con la realizzazione di imponenti opere d’arte (c’è un lungo viadotto moderno in prossimità di Asti che ora giace abbandonato). Si tratta di casi incredibili di spreco di risorse pubbliche.

E tantomeno possiamo permettere che anche le linee tuttora in esercizio siano gestite senza osservanza di parametri minimi di decenza per un paese civile. Non possiamo accettare i continui cambiamenti degli orari, le continue, improvvise e selvagge soppressioni di corse, la inadeguatezza delle informazioni ai viaggiatori, il sovraffollamento dei treni, i ritardi, l’assenza di manutenzione delle carrozze, l’insufficiente pulizia e il malfunzionamento dei servizi igienici, dell’aria condizionata e del riscaldamento. E, ancora, la rarefazione progressiva dei servizi in stazione, delle biglietterie, delle sale d’aspetto, etc.

Lo Stato, le Regioni, l’azienda di Stato FS hanno il compito primario di garantire il diritto costituzionale alla libera circolazione dei cittadini sul territorio nazionale garantendo l’accesso a questo diritto a prezzi accessibili a tutti.

 

3. Contenuti della Vertenza

Nel seguito sono proposti i contenuti primari della Vertenza. Rivendichiamo:

 

3.1  Legge Quadro per le Ferrovie, ponendo ben in chiaro la centralità della ferrovia quale cardine del trasporto terrestre. Rivendichiamo una legge quadro che detti poche regole chiare e stabili, ponendo fine alla continua emanazione di norme, spesso contraddittorie, che caratterizza le vicende di settore da diversi anni; contestualmente la cancellazione o modifica radicale dell’art.16Bis della legge 228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità) affinchè l’amministratore regionale debba obbligatoriamente conservare il patrimonio infrastrutturale ferroviario e costruire intorno a questo il piano dei trasporti, con la prospettiva di incrementare  le tratte su ferro anche urbane e incentivare le amministrazioni locali a politiche di mobilità collettiva;

3.2  Risorse adeguate agli standard europei, certe e stabili, per i servizi ferroviari, distinti su scala nazionale e scala regionale, determinate attraverso una specifica legge di finanziamento;

3.1  Coordinamento generale del trasporto ferroviario su scala geografica nazionale;

3.2  Separazione reale della componente infrastrutturale da quella dei servizi, scorporando FS in due società indipendenti. La rete delle infrastrutture sarà interamente gestita dallo Stato che dovrà garantire adeguati standard di manutenzione e sicurezza. I servizi di trasporto saranno gestiti secondo due distinte modalità:

–          servizi di mercato (Alta Velocità, Frecce) in regime di concorrenza, con effettive garanzie di rispetto delle regole;

–          servizi pubblici (copertura dei costi a carico dello Stato per i servizi interregionali, ivi compresi i treni notte a lunga percorrenza, a carico delle Regioni per i servizi regionali);

3.3  Acquisto di materiale rotabile di ultima generazione a copertura totale del deficit  accumulato negli ultimi 20 anni; in particolare si ritiene necessario un investimento di 3 MD Euro per l’acquisto di treni regionali (400-500 nuovi treni); sarebbe auspicabile tornare alla progettazione curata dalle Amministrazioni Ferroviarie, alla luce di quella competenza specifica derivante dalla lunga esperienza in un settore così peculiare, e commissionare a valle i veicoli alle industrie, lasciando spazio all’interazione fra Ingegneri, per eventuali migliorie, anche in corso d’opera;

3.4  Manutenzione straordinaria dell’intera rete regionale lasciata degradare negli ultimi 20 anni;

3.5  Ripristino delle linee (con le dovute migliorie) e dei servizi ferroviari regionali (su standard europei) tagliati negli ultimi 5 anni e recupero di altre linee chiuse in epoca precedente in rapporto a studi di fattibilità rigorosi fondati su Analisi Costi/Benefici di tipo economico e non finanziario;

3.6  Ripristino dei i binari inopinatamente eliminati negli scali, specie in quelli di testa, al termine delle linee di fondo valle;

3.7  Ritorno alla circolazione eterotachica, che permette il recupero di molti viaggiatori non abituali, specie sui percorsi più lunghi e la soddisfazione delle più diverse esigenze di trasporto, mettendo a disposizione la categoria di treno più adatta per quel particolare tipo di spostamento; i viaggiatori eviteranno così l’uso improprio di treni veloci per percorsi brevi, e potrebbero essere valorizzati gli itinerari trasversali e diagonali, che potrebbero tornare utili anche nel caso di interruzioni programmate o derivanti da cause di forza maggiore sulle vie abituali, conseguendo una migliore compensazione dei bilanci fra servizi attivi e servizi in perdita;

3.8  Adeguamento delle linee complementari alle prestazioni offerte dalla tecnica moderna, come già ampiamente fatto sulla viabilità stradale;

3.9        Recupero del patrimonio edilizio ferroviario ritenuto utile alla funzionalità ed al presidio di rete; cessione degli altri edifici ad uso abitativo, privilegiando nell’ordine i ferrovieri ovvero i residenti che li abitano o li hanno abitati, enti pubblici quali comuni, singoli privati,  secondo contratti equi;

3.10    Riqualificazione delle stazioni e degli spazi adiacenti di pertinenza in modo da favorire l’integrazione modale e la vita sociale, incentivando il trasporto merci su ferro anche laddove abbandonato con la rimozione di tutte le le infrastrutture all’uopo realizzate nel secolo scorso;

3.11    Programmazione di coincidenze in tempi ragionevoli e, laddove possibile, cadenzamento delle corse;

3.12    Eliminazione degli autoservizi paralleli alla ferrovia, salvo quelli raccoglitori e distributori fra le stazioni;

3.13    Regime tariffario equo, con tariffe unitarie degressive rispetto alla distanza e differenziate solo per categoria di treno, giammai per data del viaggio o per origine o destinazione, con abbonamenti lineari (ferroviari) oppure a zone, promuovendo a scala regionale l’integrazione con altri servizi di trasporto. Gli abbonamenti integrati a zone potrebbero coprire anche aree più vaste, così come avviene per l’Abbonamento Generale SBB CFF FFS.

3.14    Eliminazione delle vessazioni dei viaggiatori attraverso imposizione di sovrattasse inique, servizi mancanti, servizi di scarsa qualità, burocrazia inutile, favorendo così anche la ricostruzione di un rapporto equilibrato e rispettoso fra lavoratori ferrovieri e utenti del treno.

4. Strumenti operativi e programma di iniziative coordinato a scala nazionale

Vorremmo far capire all’esterno che siamo determinati e abbiamo numeri, competenze e capacità per essere incisivi; in questo senso sono avanzate alcune proposte di mobilitazione a scala nazionale. Naturalmente la lista di proposte è un work in progress. Attendiamo perciò contributi di idee.

 

Proposta N.1.  INIZIATIVA “RIPRENDIAMO ILTRENO E LE STAZIONI”

Presenziamento di tutte le stazioni d’Italia da parte dei sindaci, delle associazioni e dei singoli cittadini sensibili alla Vertenza (Sabato 16 febbraio 2013). Non bloccheremo i treni, al contrario invitiamo tutti a viaggiare su un treno regionale in giornata anche per un breve tragitto, in modo da riempire tutti  i treni e le stazioni!! Dibattiti, letture di poesie e brani di letteratura, distribuzione di volantini, discussioni sui temi della Vertenza in tutte le stazioni. Laddove i treni sono stati cancellati si farà una marcia a piedi simbolica lungo la ferrovia in adiacenza alle stazioni.

Proposta N.2. GIORNATA DI PRESENTAZIONE DEL CIUFER

Manifestazione nazionale (Sabato 1 Giugno 2013) per la presentazione del CIUFER e del suo sito web, attraverso una conferenza stampa simultanea in tutti i presìdi locali da parte dei referenti in rete.

Proposta N.3. CONFRONTO POLITICO “IN TRENO”

Manifestazione nazionale con incontro dei quadri politici di governo nazionale, regionale e locale, con la richiesta di sottoscrizione di un documento di impegni specifici a favore del trasporto ferroviario, secondo le proposte avanzate con le Vertenze.

 

Proposta N.4. Istituzione di un Tribunale dei diritti del  viaggiatore

Proposta N.5. ISTITUZIONE DI UN ORGANO DI CONTROLLO TECNICO MINISTERIALE SULL’ATTIVITA’ DELLE SINGOLE AMMINISTRAZIONI REGIONALI PER PREVENIRE DISMISSIONI O MENOMAZIONI PERMANENTI AL PATRIMONIO FERROVIARIO NAZIONALE.

ALTRI Spunti:

  • Sit-in in stazioni per ottenere l’apertura delle stazioni e di sale d’attesa confortevoli per i viaggiatori.
  • Emergenza estate, con intervento di volontari a sostegno dei viaggiatori in siti strategici.
  • Mappa dei rischi in tutte le stazioni, segnalando impianti difettosi e strutture mal funzionanti.
  • Collaborazione con trasmissioni televisive per denunciare soprusi e cattiva organizzazione a danno dei cittadini.
  • Richiesta di una legge che definisca ruolo e poteri della cittadinanza attiva nel suo rapporto con i servizi di trasporto.
  • Manifestazione in tutta Italia con l’affissione di 1000 targhe all’ingresso di stazioni con la scritta: “Il servizio di trasporto ferroviario è pubblico ed appartiene ai cittadini, nessuno è autorizzato a indebolirlo o a cancellarlo”.