La battaglia per la dignità del trasporto regionale e il rispetto delle regole riguarda l’Italia intera, come testimonia la seguente lettera.
Da: Cristina (Una pendolare)
Data: 08/09/2016 10:11:36
A: direzione.lazio@trenitalia.it; mcivita@regione.lazio.it
Cc: nzingaretti@regione.lazio.it; vcorrado@regione.lazio.it; dporrello@regione.lazio.it; sblasi@regione.lazio.it
Oggetto: Reclamo su mancato intervento richiesto al PdA a bordo treno.
Io sottoscritta (OMISSIS), residente in (OMISSIS), Lanuvio, il giorno 1 settembre 2016, alle ore 13.14, salivo assieme a mio marito nella locale stazione, sul treno 7218 per recarmi a Roma. A treno ancora fermo, mi portavo al piano superiore della prima vettura per cercare due posti a sedere e, appena salite le scale, notavo un giovane, dall’aspetto curato e con l’età approssimativa di 20 anni, che sporcava un sedile con la suola della propria scarpa. Intervenivo allora per chiedere allo stesso di comportarsi con rispetto degli arredi del treno e degli altri viaggiatori che avrebbero potuto sporcarsi sedendosi successivamente su tale sedile.
Il giovane, visibilmente contrariato, mi chiedeva a quale titolo io gli dicessi quelle cose ed io rispondevo “a titolo di una cittadina che paga le tasse e difende un bene di tutti”. Pur visibilmente contrariato, toglieva comunque di malavoglia la propria scarpa dal sedile.
Mi portavo allora più avanti, dove mio marito aveva individuato i due posti che ci occorrevano, quando lo stesso notava il giovane inviarmi un insulto e muovere il corpo come per riposizionare il proprio piede nella stessa posizione precedente. Si recava dunque lui stesso ad accertarsene e a chiedere conto di cosa avesse detto e, raggiunto il giovane, verificava che lo stesso aveva infatti rimesso la propria scarpa sul sedile. Alla richiesta di mio marito di toglierla nuovamente, il viaggiatore gli rispondeva che non voleva essere seccato e assumeva un atteggiamento minaccioso, intimandogli per giunta di allontanarsi immediatamente.
Per non creare problemi a bordo ed evitare una possibile, nonché probabile, aggressione fisica, mio marito si allontanava informandolo però della sua intenzione di richiedere l’intervento del capotreno. A tali parole il giovane cambiava vettura. Il treno non era ancora partito da Lanuvio in attesa di un incrocio e mio marito si portava in testa alla prima vettura alla ricerca del capotreno la cui posizione a bordo non avevamo potuto individuare quando il treno era arrivato in quanto lo stesso agente non era sceso dal convoglio.
Verificato che nella prima vettura non c’era, mio marito andava a cercarlo nelle restanti vetture ma non lo trovava in nessuna di esse. Come poi mi riferiva successivamente, solo scendendo dall’ultima vettura notava la presenza del capotreno all’estremità opposta del convoglio, ossia in prossimità della porta di accesso alla cabina di guida del locomotore e le faceva segno di attendere un istante per la chiusura delle porte in quanto si trovava al momento impossibilitato a salire per la presenza di una porta guasta.
Essendo io restata sulla vettura di testa, vedevo la capotreno (una giovane donna priva di cartellino identificativo) prepararsi per le operazioni di partenza e la mettevo al corrente di quanto accaduto. Appena partiti da Lanuvio, mi recavo allora assieme alla stessa verso la coda del treno e a circa metà percorso incontravamo mio marito che le confermava l’accaduto, le minacce subite e la nuova posizione a bordo del viaggiatore. La capotreno chiedeva cosa volessimo che ella facesse e le rispondevamo che sarebbe stato sufficiente fargli pagare una multa per insudiciamento, come previsto dalle regole in vigore. Quasi a giustificarsi spontaneamente, pur in mancanza di un qualsivoglia accenno di rimprovero da parte nostra, la stessa rispondeva che lei non poteva mica dire a tutti i viaggiatori di togliere le scarpe dai sedili e multarli perché tale malcostume è abbastanza diffuso e impossibile da correggere, al che le rispondevo che le sanzioni andavano almeno fatte a chi mostrava indifferenza e spregio nei confronti delle regole del vivere civile con un comportamento doloso e ripetuto, come nel caso appena segnalatole. Notando la titubanza della capotreno, mio marito le domandava se il problema fosse nella norma o la somma da applicare e le citava il DPR 753/1980. La capotreno diceva che non era quello il problema in quanto il dispositivo in sua dotazione provvedeva autonomamente a indicare norma e prezzo da pagare. Nel procedere poi per recarsi dal viaggiatore, mio marito, a titolo di curiosità, le chiedeva chi fosse il suo tutor e la stessa rispondeva: “Piacentini”.
Giunti alla penultima vettura al cospetto del giovane, presenti altri viaggiatori occupanti posti vicini, indicavamo lo stesso alla capotreno. Quest’ultima si limitava a rispondere: “non ha mica le scarpe sui sedili” e volgeva per andarsene. Nessuna richiesta di titolo di viaggio, di generalità, di informazioni sulla veridicità di quanto io e mio marito dichiaravamo. Nulla, nemmeno a fronte del fatto che le avevamo riferito delle minacce ricevute!
Tuttavia, a seguito di ciò, pur se non ve ne era affatto bisogno, le precisavo che quanto le avevamo segnalato riguardava ovviamente il comportamento del viaggiatore in un precedente momento sulla prima vettura di testa, comportamento tenuto peraltro alla presenza di altri viaggiatori che avevano notato e commentato l’accaduto. D’altronde come poteva essere diversamente visto che eravamo andati a cercarla dopo i fatti?
Osservando però che la capotreno non aveva la minima intenzione di sanzionare il viaggiatore o di accertare quanto meno la veridicità di quanto riferitole, non appena scesi dalla scaletta e trovandosi nel ballatoio antistante le porte di uscita, la informavo che il suo comportamento avrebbe potuto anche configurare un’omissione di atti d’ufficio, tenuto conto del suo ruolo di pubblico ufficiale. Per contro, la stessa domandava allora se della cosa avremmo informato la direzione di Trenitalia e alla nostra risposta affermativa, l’interesse della capotreno si accendeva, portandola a richiederci seduta stante le nostre generalità, che le venivano fornite iniziando da mio marito subito e senza problemi, al quale, evidentemente convinta si trattasse di un ferroviere in servizio, la stessa richiedeva…il numero di matricola.
Chiarito che non eravamo ferrovieri ma semplici cittadini, alla nostra presenza, tentava di contattare telefonicamente il suo tutor ma non riusciva a comunicarvi e quindi telefonava ad altra persona della società (le rispondeva una certa Pamela), presentandosi ad essa come “Noemi” e dalla quale, dopo averle narrato i fatti in maniera ben diversa da quanto le avevamo detto noi (le diceva infatti che aveva trovato il viaggiatore seduto normalmente, quando invece il comportamento scorretto e minaccioso di cui le avevamo riferito era avvenuto su un’altra carrozza alla presenza di testimoni) riceveva informazioni che la rendevano visibilmente più tranquilla. Giunti alla fermata di Cancelliera, la capotreno svolgeva il servizio di incarrozzamento dei viaggiatori e notando che restavamo in sua attesa nel ballatoio (aveva annotato unicamente il nome e cognome di mio marito e il paese di residenza e pensavamo ovviamente di doverle fornire il resto delle nostre generalità) ci domandava incomprensibilmente se la nostra fosse una persecuzione nei suoi confronti. Senza aggiungere altro se ne andava quindi verso la testa del treno e non la vedevamo più fino all’arrivo a Roma Termini quando, discesi assieme ad un altro viaggiatore, notavamo la capotreno discendere dalla cabina di guida con la propria borsa di servizio.
Lo stesso viaggiatore, avendo assistito al mancato intervento della capotreno nei confronti del viaggiatore, decideva di portarsi avanti alla nostra ricerca per fornirci spontaneamente le sue generalità e la sua testimonianza. Ci riferiva peraltro che il giovane, subito dopo che la stessa era andata via assieme a noi, aveva rimesso comodamente entrambe le scarpe sul sedile davanti.
Dal momento che la capotreno non ha dato alcuna spiegazione del suo disinteresse al problema segnalatole, le questioni che vorrei porre e capire sono queste:
Trenitalia lamenta di non poter migliorare il servizio sui treni regionali anche perché, a parte il discorso “evasione”, è alto il prezzo che deve pagare per riparare agli atti vandalici, come anche si evince dalle dichiarazioni rilasciate dall’ex AD di FS Mauro Moretti , pubblicate il 15.02.2013 sul quotidiano “Metro”. A garanzia della sicurezza di utenti e della regolarità dell’esercizio, inclusa la protezione degli arredi, dovrebbe però operare il personale, dotato degli opportuni strumenti e formazione per intervenire.
Eppure a fronte di una richiesta di intervento tanto semplice e corredata da tutti gli elementi utili per operare, la capotreno tentava di chiamare il proprio istruttore. A che scopo? Non dovrebbe essere già a conoscenza di quanto occorre fare? E cosa c’è da aspettarsi in un caso di emergenza?
Il viaggiatore che non è stato sanzionato e a cui non è stato nemmeno chiesto se corrispondesse al vero la nostra accusa, vedendo il comportamento del rappresentante aziendale, sarà disincentivato in futuro dal comportarsi in egual maniera?
I cittadini che intervengono a tutela di beni pubblici come i treni regionali sono un problema per Trenitalia?
E’ unicamente a costoro che vanno richieste le generalità?
Quando un viaggiatore riferisce ad un capotreno di aver subito, a bordo del treno da questi scortato, una minaccia da parte di un altro viaggiatore, non dovrebbe essere suo compito accertarsi almeno di questo?
Faccio presente di essere anch’io una ex capotreno e di aver lavorato anche presso l’ufficio reclami dell’Assistenza a Terra a Roma Termini, con il compito di rispondere alle segnalazioni dei viaggiatori scontenti del servizio.
Faccio inoltre presente che lo scopo della mia segnalazione non è quello di cercare una qualsivoglia rivalsa nei confronti della vostra dipendente, bensì di fornire un contributo affinché il servizio sia migliorato ed il personale adeguatamente formato a rispondere alle richieste degli utenti.
Assistevano ai fatti accaduti nella prima vettura, le signore (OMISSIS), residente in via (OMISSIS), Velletri e (OMISSIS), residente in (OMISSIS), Velletri.
Assisteva al comportamento della capotreno alla presenza del viaggiatore accusato, il signor (OMISSIS), residente in (OMISSIS),, Lanuvio.
Si resta in attesa si un cortese riscontro alla presente, confidando nel fatto che essa serva davvero allo scopo sopra indicato.
Cristina
Risposta Funzionaria Trenitalia (non disponibile): Sig.ra XXXXX
Controreplica a Trenitalia su Chiusura Reclamo Protocollo: 2983410 (rowid:1-95UACWC)
Gentile Signora XXXXX,
la ringrazio innanzitutto per la sua celere risposta del 14 u.s.
Debbo tuttavia rappresentarle il mio disappunto per non aver trovato nelle sue parole alcun chiarimento circa i compiti che, in casi simili, il personale potrebbe e dovrebbe svolgere. Questo perché in futuro ci si possa regolare meglio se richiedere o meno un intervento a tutela dei beni pubblici e della dignità degli utenti.
A beneficio di chi legge spiego che la sua risposta è relativa alla mia segnalazione che riallego di seguito alla presente.
In sostanza la sua risposta è così riassumibile:
il capotreno ha gestito male la situazione;
il capotreno ha bisogno di un recupero formativo;
il capotreno non poteva sanzionare il trasgressore nonostante la presenza di testimoni oculari, in quanto non lo ha colto in flagrante.
Tali affermazioni sono, a mio avviso contraddittorie. Se il capotreno non poteva sanzionare il trasgressore, cosa avrebbe dovuto fare? Chiedere allo stesso un improbabile atto di sincerità e ammettere di aver prodotto un danno o una minaccia?
Le testimonianze di chi assiste ai fatti valgono su tutto il territorio nazionale e non mi risulta che, ad oggi, i treni facciano eccezione godendo dell’extraterritorialità come San Marino.
Avendo qualche nozione di diritto, con rispetto parlando, mi sembra di non poter convenire con lei sul fatto che sia il solo capotreno a necessitare di un recupero formativo.
Appare evidente, dalla sua risposta, che essendo la flagranza, conditio sine qua non per permettere, a seguito di insudiciamento o minacce (come nel nostro caso), una sanzione, a nulla servirebbe richiedere l’intervento di un capotreno e ciò, se da un lato denota quanto meno scarso interesse da parte societaria nel preservare in buono stato gli arredi destinati agli utenti, dall’altro fa comprendere che a bordo sia preferibile evitare, per non correre inutili rischi, interventi a loro tutela da parte di noi viaggiatori.
A tutela di arredi a noi destinati che sono parte di mezzi da voi gestiti come società le cui azioni sono interamente nostre, ossia dello Stato.
Per il futuro, anche al fine di evitare a me e alla mia famiglia spiacevoli situazioni utilizzando il servizio pubblico ferroviario, le sarei grata se volesse meglio chiarire quale debba essere il comportamento di un utente dopo aver assistito a quello incivile di un altro viaggiatore che possa aver insudiciato o deteriorato gli arredi, spaccato un finestrino o fatto molestie, essendo – come appare chiaro dalla sua risposta – le sole testimonianze dei viaggiatori, ancorché molteplici, non utili a provare un’accusa a bordo dei treni regionali del Lazio.

Nell’interesse collettivo, voglia cortesemente chiarire a me e agli altri in indirizzo quanto sopra esposto.
Distinti saluti.
Cristina